Dimissioni volontarie del lavoratore: il datore può rinunciare al preavviso senza corrispondere al dipendente la relativa indennità sostitutiva

Last Updated on August 20, 2019

Avv. Eleonora Zanucco

L’istituto del preavviso: natura e funzione

Il recesso di una delle parti dal vincolo contrattuale costituisce un atto unilaterale recettizio di esercizio di un diritto potestativo. Nell’ambito del contratto di lavoro a tempo indeterminato, l’unico vincolo per il recedente posto, ancora oggi, dalla disciplina codicistica (art. 2118 c.c.) è quello di dare alla controparte regolare preavviso, con conseguente differimento della cessazione del rapporto per un determinato periodo di tempo. 

L’istituto del preavviso, comune alla maggior parte dei contratti di durata a tempo indeterminato, adempie alla funzione economica di attenuare, per la parte che subisce il recesso, le conseguenze pregiudizievoli della cessazione del contratto. In particolare, nel rapporto di lavoro, il preavviso dato dal datore al lavoratore licenziato ha la finalità di garantirgli, per un certo lasso di tempo, una continuità nella percezione del reddito affinché possa ricercare, nelle more, una nuova occupazione; mentre, il preavviso dato dal lavoratore che si dimette ha lo scopo di consentire al datore di lavoro di avere il tempo necessario per ricercare una nuova risorsa con cui sostituire il dipendente recedente. La regola posta dall’art. 2118 c.c. trova quindi fondamento nell’esigenza di evitare che la peculiarità del recesso, operante secondo l’apprezzamento libero di una sola parte, provochi eccessivo turbamento nell’economia dell’altro contraente, al quale vuol darsi tempo adeguato per provvedere in modo diverso. 

Quindi, è indubbio che il preavviso non sia solo un termine sospensivo e finale di efficacia del recesso, ma anche un’obbligazione in capo alla parte recedente,il cui oggetto consiste nel rispettare un termine volto a far sì che il receduto sia a conoscenza, con il dovuto margine di anticipo, del momento nel quale il recesso produrrà i suoi effetti, e dal cui inadempimento deriva il diritto della parte che subisce il recesso a ottenere il risarcimento del danno ovvero l’indennità sostitutiva. 

Conseguentemente, il preavviso, in quanto obbligazione per la parte che esercita il recesso è, corrispettivamente, un diritto della parte che lo subisce.
In caso di dimissioni volontarie, pertanto, il lavoratore ha il dovere di dare il preavviso, mentre il datore di lavoro ha l’aspettativa – cioè il diritto – di riceverlo ed in caso di mancato adempimento di tale obbligazione, il lavoratore deve corrispondere al datore la relativa indennità sostitutiva. 

La rinuncia al preavviso di dimissioni

Se, quindi, il preavviso è un diritto della parte destinataria del recesso, ne deriva che quest’ultima ha la facoltà di rinunciarvi in tutto o in parte, senza che l’altra possa opporsi, qualificandosi tale rinuncia come atto unilaterale recettizio che determina l’immediata estinzione del rapporto

Il diritto a rinunciare al preavviso è stato, del resto, più volte ribadito dalla giurisprudenza. Quello che, invece, fino a poco tempo fa, non risultava mai essere stata affermata era la possibilità di escludere tanto il preavviso, quanto l’indennità sostitutiva.

La tesi secondo la quale il datore di lavoro che rinunci al preavviso dato dal dipendente sia obbligato a corrispondere la relativa indennità sostitutiva è, tuttavia, priva di fondamento. Infatti, poiché il preavviso è un termine e un’obbligazione, ne deriva che colui che è titolare del corrispettivo diritto – cioè colui che subisce il recesso – possa rinunciarvi, con l’effetto di far cessare il rapporto immediatamente e non più alla scadenza del termine sospensivo. 

E se il rapporto cessa (per volontà del lavoratore) non vi può essere alcun titolo per il contraente recedente a percepire la retribuzione, non solo perché dalla rinuncia ad un diritto non può per definizione sorgere un’obbligazione, ma anche perché, cessando immediatamente il rapporto, non vi è più il titolo per percepire la retribuzione relativa. 

Analogamente, il lavoratore dimissionario non potrebbe pretendere neppure il pagamento dell’indennità sostitutiva ex artt. 2118 e 2121 c.c., poiché essa è un risarcimento del danno, o meglio, una penale ex legge dovuta soltanto nel caso in cui la parte recedentesia inadempiente alla sua obbligazione (ovvero quella di dare il preavviso), ma non nella fattispecie in commento, in cui l’esercizio del potere di recesso è iniziativa del lavoratore e il datore di lavoro si limita a rinunciare a un suo diritto (quello di ricevere il preavviso).

Tale rinuncia (al proprio diritto) non può, per definizione, determinare l’insorgere di un’obbligazione. Infatti, ai sensi dell’art. 1173 c.c., le fonti delle obbligazioni sono tipiche: legge, contratto, fatto illecito. E in questo caso manca una norma, manca un contratto e manca un fatto illecito.

Attenzione, però, alle clausole dei contratti che disciplinano il rapporto

Non esistendo una norma in materia e non essendosi verificato un fatto illecito (infatti, certamente non può essere considerata tale la rinuncia a un diritto), per l’insorgere dell’obbligazione occorrerebbe una specifica clausola nel contratto, individuale o collettivo, che disciplina il rapporto, la quale preveda espressamente che, in caso di dimissioni rassegnate dal lavoratore, il datore che intenda rinunciare, in tutto o in parte, al preavviso dato dal dipendente debba corrispondere allo stesso la relativa indennità sostitutiva. 

Tale clausola, ad esempio, è presente all’art. 241 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i dipendenti da aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi, ove è espressamente previsto che: «Su richiesta del dimissionario, il datore di lavoro può rinunciare al preavviso, facendo in tal caso cessare subito il rapporto di lavoro. Ove invece il datore di lavoro intenda di sua iniziativa far cessare il rapporto prima della scadenza del preavviso, ne avrà facoltà, ma dovrà corrispondere al lavoratore l’indennità sostitutiva per il periodo di anticipata risoluzione del rapporto di lavoro». Analoga disposizione è prevista, sempre in via esemplificativa, all’art. 130 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i dipendenti da studi professionali e all’art. 79 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i dipendenti di farmacie private nonché, con riferimento al rapporto di lavoro dirigenziale, all’art. 137 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i dirigenti del settore commercio e dall’art. 26 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i dirigenti del settore credito (mentre non è prevista dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i dirigenti di aziende industriali né da quello per i dirigenti di imprese assicuratrici).

Tuttavia, la maggior parte dei contratti collettivi non contiene questa disposizione, ma si limita a sancire l’obbligo, per la parte recedente, di osservare i termini di preavviso o, in alternativa, di corrispondere all’altra parte l’indennità sostitutiva. Ebbene, in simili ipotesi, non essendoci una clausola contrattuale che determini le conseguenze dell’atto di rinuncia del datore di lavoro al proprio diritto (quello di ricevere il preavviso), non può insorgere alcuna obbligazione e, in particolare, quella di corrispondere l’indennità sostitutiva ex art. 2118 c.c.

La sentenza del Tribunale di Padova, Dott. Dallacasa, 7 marzo 2019

La vicenda trae origine dalle dimissioni di una lavoratrice, comunicate in data 10 ottobre 2017, con effetto dal primo dicembre 2017. 

Il rapporto di lavoro era disciplinato dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro Occhialeria, il cui art. 99 – ricopiando sostanzialmente l’art. 2118 c.c. – prevedeva, espressamente, che: «La parte che risolve il rapporto di lavoro senza l’osservanza dei … termini di preavviso, deve corrispondere all’altra un’indennità pari all’importo della retribuzione per il periodo di mancato preavviso. Il datore di lavoro ha diritto di ritenere su quanto sia da lui dovuto all’impiegato, un importo corrispondente alla retribuzione, per il periodo di preavviso da questi eventualmente non dato». Era, quindi, unicamente sancito l’obbligo per il dimissionario di osservare i termini di preavviso o, in alternativa, di corrispondere al datore l’indennità sostitutiva. 

Nessun specifica disposizione sul punto era presente neppure nel contratto di lavoro individuale stipulato tra le parti.

Nel prendere atto delle dimissioni rassegnate dalla dipendente, la società le comunicava la rinuncia al proprio diritto di ricevere il periodo di preavviso e, quindi, la cessazione immediata del rapporto di lavoro. 

La dimissionaria adiva l’autorità giudiziaria e otteneva un decreto ingiuntivo con il quale il datore di lavoro veniva condannato al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso. La società presentava, quindi, ricorso in opposizione, per insussistenza del diritto al pagamento del credito azionato in via monitoria sostenendo, principalmente, che la rinuncia a un diritto non potesse essere fonte di un’obbligazione, in assenza di una clausola contrattuale individuale o collettiva. Il Tribunale di Padova emetteva la sentenza sopra richiamata, accertando che la rinuncia della parte datoriale al preavviso non comporta il dovere di elargire l’indennità sostituiva al lavoratore, la quale, a parere del Giudicante, sarebbe stata dovuta unicamente «se le dimissioni fossero assistite da giusta causa, o se il rapporto si fosse concluso a seguito del licenziamento incolpevole».

La sentenza del giudice patavino (giuridicamente ineccepibile) costituisce, a quanto consta, la prima statuizione che riconosca il diritto del contraente receduto, in assenza di accordi individuali e collettivi, di rinunciare al preavviso senza obbligo di corrispondere l’indennità sostitutiva.

Conclusioni

In caso di dimissioni volontarie del dipendente, la rinunzia al periodo di preavviso da parte del datore di lavoro, non comporta l’obbligo, per il datore di lavoro, di corrispondere al lavoratore la relativa indennità sostitutiva, in assenza di una specifica clausola contenuta nel contratto individuale di lavoro o nel contratto collettivo applicato al rapporto. 

Tuttavia, poiché tale orientamento giurisprudenziale non pare ancora essersi consolidato, è opportuno, se il contratto collettivo non prevede diversamente, inserire nel contratto individuale di lavoro una specifica clausola per mezzo della quale si disciplini il diritto del datore di lavoro a rinunciare al preavviso senza dover corrispondere al lavoratore dimissionario la relativa indennità sostitutiva. 

Una simile clausola, per la redazione della quale restiamo a Vostra disposizione, è certamente valida ed efficace, avendo ad oggetto un diritto disponibile alle parti.